Nonostante diverse persone affette da Covid-19 siano asintomatiche (cioè non presentino sintomi provocati dall’infezione), molte altre non lo sono e spesso possono andare incontro anche a gravi complicazioni. Per questo motivo diventa fondamentale saper riconoscere i sintomi dell’infezione da Sars-CoV-2, in modo tale da poter intervenire il prima possibile per curare la malattia e non arrivare dunque a situazioni di pericolo di morte. 

I sintomi più comuni del virus Sars-CoV-2 sono quelli tipici influenzali: febbre, tosse secca, dolori muscolari e articolari, affaticamento e debolezza. Se questi segnali si presentano contemporaneamente e non singolarmente è più probabile che l’infezione si tratti di coronavirus. Come già accennato, anche se nella maggior parte dei casi l’infezione non provoca grandi complicazioni, rispetto alle normali infezioni stagionali l’epidemia di Covid-19 si caratterizza per una maggiore percentuale (circa il 19% dei casi) di sintomi respiratori gravi, fino all’insufficienza respiratoria e alla necessità di ricorrere a terapia intensiva. Oltre a questi sintomi tipici, possono essere associati a questo virus anche la perdita temporanea del gusto e dell’olfatto, problemi gastrointestinali e, di raro, la comparsa di eritemi cutanei. 

Ora che abbiamo analizzato i sintomi provocati dall’infezione e capito che non tutte le persone vengono colpite allo stesso modo dal virus, può essere interessante scoprire quali sono le persone più soggette a contrarre un’infezione da Sars-CoV-2 e come mai il tasso di letalità sia così alto.

Gli studi condotti finora sembrano suggerire una maggiore vulnerabilità principalmente nelle persone anziane, con patologie croniche o immunocompromesse. Inoltre, sebbene la probabilità di contrarre l’infezione sia la stessa per uomini e donne, alcuni studi sembrano indicare che un peggioramento dei sintomi si riscontri soprattutto negli uomini. Questo potrebbe dipendere da fattori ambientali e comportamentali o genetici. 

Tra le possibili cause dell’alto tasso di letalità riscontrato nel nostro Paese può esserci dunque il fatto che l’Italia presenta una popolazione molto anziana più soggetta a sviluppare anche altre malattie, che in presenza del virus possono accelerare il deterioramento della salute. Le regioni del Nord inoltre sembrano essere state particolarmente colpite probabilmente per la presenza dei primi focolai italiani che si trovavano ad uno stadio più avanzato dell’epidemia. Tra le cause ancora da dimostrare, vi è il fatto che nel nostro Paese spesso le famiglie allargate favoriscono il contatto tra i giovani e i “nonni” e questo potrebbe aver accelerato la trasmissione del virus dalla popolazione più resistente a quella più fragile. Un’altra ipotesi degna di approfondimenti riguarda una possibile correlazione del virus con l’inquinamento atmosferico che potrebbe prolungarne la permanenza nell’aria e veicolarlo più facilmente. Oppure potrebbe contribuire a sviluppare patologie più o meno croniche e/o stati infiammatori che renderebbero l’ospite più suscettibile all’infezione. Qualunque sia la causa è essenziale impegnarsi al massimo per scoprirla il prima possibile e successivamente trovare una soluzione per contrastarla.

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